martedì 14 agosto 2012

BELLANO - CASTELLO DI VEZIO - VARENNA

L'Orrido di Bellano, uno dei più famosi della Lombardia, è una forra naturale formatasi in 15 milioni di anni (dal tempo del disgelo del ghiacciaio dell'Adda) grazie all'azione delle acque del torrente Pioverna che, per erosione, hanno scavato una profonda gola tra Taceno, in Valsassina (il Pioverna nasce presso la Bocchetta di Campione, a 1813 m, nel gruppo delle Grigne) e Bellano. La forza delle acque è da parecchio tempo sfruttata dalle industrie locali per la lavorazione dei minerali, del pellame e più recentemente dalle filande. Con l'introduzione dell'energia elettrica, sono state installate delle condotte ancora oggi in uso. Nonostante questi interventi dell'uomo, l'Orrido di Bellano conserva ancora una notevole suggestione, specie nei periodi in cui le acque sono più abbondanti
LA STORIA DEL CASTELLO DI VEZIO Tra le tredici localita' che compongono il comune di Perledo, la frazione di Vezio e' una delle piu' interessanti sia dal punto di vista turistico che sotto il profilo storico. E' un piccolo agglomerato di case costruite per la maggior parte in sasso ed e' abitato da una cinquantina di persone suddivise in 20 famiglie. Ha mantenute le antiche caratteristiche e nel centro dissimula, tra gli edifici ristrutturati, le vestigia di un periodo che si perde nella notte dei tempi. L'abitato di Vezio, all'inizio della sua esistenza, doveva essere un insediamento ligure-celtico, se non addirittura etrusco, sopraffatto dall'altro ceppo nel corso delle trasmigrazioni di popoli transalpini succedutesi dal VI al II secolo A.C. L'arrivo di questi ultimi e le scorrerie che ne seguirono obbligarono gli indigeni o ad assoggettarsi ai nuovi venuti o a spostarsi verso zone meno ospitali, quali potevano essere le vallate prealpine. Di questo ne parlano Plinio, su testimonianza di Catone, e Polibio nei suoi commentari sulla calata dei Galli; questi ultimi, a loro volta, nel 196 A.C., furono cacciati dalle legioni romane di Claudio Marcello assieme agli alleati orobici, insubri e cenomani, e furono costretti a ripiegare nelle terre d'origine o a rifugiarsi in quelle poche localita' sotto le Alpi dove gia' fiorivano comunita' celtiche, passate dal nomadismo all'attivita' silvo-agricolo-pastorale. Nel nostro comprensorio, ad esempio, si ha notizia di stanziamenti liguri ad Esino, con sovrapposizione nella parte superiore di gruppi celtici e in quella inferiore di elementi romani. Questi ultimi, in seguito, fortificarono il promontorio di san Vittore come caposaldo della loro presenza. Vezio, quindi, puo' dirsi, per analogia, antichissima. Alcuni fanno derivare il suo nome dal latino "pagus Vetus", che significa "villaggio, o gruppo di case, vecchio, antico, preesistente, antecedente". Altri, riferendosi alla denominazione dialettale "Vesc", lo farebbero discendere da "Vescia", piccolo centro del Lazio, odierno Sant'Agata dei Goti, paese d'origine del legionario romano della V legione, Vescinus, il quale aveva il comando e la direzione dei lavori per la costruzione del "castrum" di Vezio. Esteso il loro dominio in Lombardia, i romani si trovarono a dover arginare le incursioni dei popoli alpini, definitivamente assoggettati da Ottaviano nel 27 A.C. Per facilitare il flusso degli eserciti e dei rifornimenti realizzarono una grande rete stradale, rendendo agibili i passi piu' importanti. Cio' determino' un clima di collaborazione con le comunita' delle zone conquistate, creando benessere e distensione, che condusse alla romanizzazione dei territori e alla instaurazione della cosiddetta "civilta' gallo-romana". La difesa delle vie di comunicazione fu affidata ai federati gallici e la minaccia dei barbari, che premevano ai confini, favor“ la costruzione di opere di sbarramento. Ne fu interessato anche il territorio orientale del lago di Como su cui vi erano importanti strade: Retica Valtellinese, Relica Chiavennesca, Val Varrone e della Riviera. Quest'ultima portava da Lecco a Colico attraverso Mandello, Lierna e, superato il passo di Ortanella, scendeva a Vezio per poi proseguire per Regolo e Gittana, prima di far capo a Bellano. La via della Val Varrone era detta "via del ferro", perche' permetteva il trasporto dei prodotti siderurgici della zona, nella quale vi erano miniere e fucine assai rinomate a quei tempi. In questi luoghi lavoravano degli schiavi controllati da militari romani. Premana fu la capitale industriale allora come oggi. A Vezio, dunque, venne eretta una fortificazione che facilitava il controllo della via della Riviera e delle sponde del sottostante lago, sul cui promontorio, nel frattempo, era sorta Varenna, punto d'attracco del naviglio commerciale e militare della zona. Il perimetro delle mura e delle opere difensive di Vezio si estendeva presumibilmente dalla Foppa allo sperone a strapiombo su cui si erge il castello. All'interno di questo perimetro sorgevano le abitazioni ed i magazzini delle cui fondamenta sono visibili tutt'oggi l'imponenza e la perfezione muraria in molte cantine del centro storico. Che fosse stato teatro di cruenti ed accaniti scontri lo dimostrano i rinvenimenti di armi e di resti umani di varie epoche ed origini. I reperti piu' importanti si trovano nei musei di Como, Sondrio, Lecco ed Esino. Nel 1891 vennero alla luce alcune tombe dell'eta' del ferro e nel 1955-56, durante i lavori di ricostruzione del castello ad opera della famiglia Greppi, attuale proprietaria, affiorarono punte di frecce in ferro con cuspide triangolare, spade ed elmi. La torre presenta una merlatura quadrata uguale a quella del castello di Cly in Valle d'Aosta. A detta del Prof. Bodo Abcard, esperto in materia, essa e' uno degli esemplari piu' tipici nel suo genere. Nulla si sa di Vezio e delle vicissitudini ch'ebbe a superare dalla calata dei barbari all'affermarsi dei Longobardi prima e dei Franchi poi. Certo e' che non pote' sottrarsi al susseguirsi degli avvenimenti incalzanti e luttuosi di quei tempi calamitosi. La rocca segu“ verosimilmente le sorti di Varenna, alla quale era stata unita da mura che, come due lunghe braccia, scendevano fino al lago a difesa del borgo lacustre. La leggenda raccontata da Anton Gioseffo della Torre di Rezzonico nel suo libro "Larius" provvede alla mancanza di informazioni riguardanti quel citato periodo. Egli narra che la famosa Teodolinda, regina dei Longobardi, trascorrendo i suoi ultimi anni a Perledo, avrebbe fatto costruire la chiesa di San Martino con l'antico campanile a forma di torre, ed il castello di Vezio unitamento all'oratorio di Sant'Antonio per lasciare una traccia visibile della sua fede nel Cristianesimo. In Lombardia molte sono le localita' che rivendicano tale tradizione, tuttavia si deve tener conto che l'ordinamento longobardo doveva munirsi di migliori difese militari. Nel caso di Vezio e' evidente l'interesse alla ricostruzione del castello andato distrutto a seguito di eventi bellici non precisati. L'edificio, cos“ com'e' giunto ai nostri giorni, presenta caratteristiche costruttive di epoca medievale. Ogni comune allora era cinto da spesse mura, e i castelli e le torri, disseminate sulle alture, avevano per lo piu' funzione di avvistamento o di punti obbligati per la riscossione dei pedaggi. Il fatto che l'Anonimo Cumano non citi il castello di Vezio nei suoi commentari relativi alla guerra decennale (1118-1127) tra Milano e Como a causa della nomina del vescovo di questa citta', non significa che il castello non fosse precedentemente esistente. E' evidente che quando le soldaresche avverse cercarono di penetrare in Varenna, provenendo dal lago, non trovare nessun castello davanti a sŽ, bens“ solide mura e validi difensori. Il castello non si trovo' coinvolto, se non marginalmente, nemmeno nel 1244, quando per la prima volta Varenna fu distrutta dai comaschi, ai quali si era ribellata; La popolazione trovo' rifugio nel maniero che, per la sua posizione, era inespugnabile ed in esso i varennesi ritemprarono gli animi e la forza per ribellarsi di nuovo, quattro anni dopo, durante il giogo comasco. Anche in questa occasione Varenna venne messa a ferro e fuoco, ma il castello resistette. Vezio vide trascorrere le Signorie dei Visconti e dei Torriani, le dominazioni dei francesi e degli spagnoli, cos“ come sopporto' i decreti dei veneti e dei signori di Bergamo. Divenne, con Varenna, un feudo vescovile, quindi passo' ai Dal Verme e ad altri ancora sinchŽ non ne vennero investiti il conte Francesco Sfondrati ed i suoi eredi. L'investitura della costruzione passo' nel 1631 a Giovanni Antonio de' Tarelli e l'affittanza, venticinque anni dopo, ad Antonio Tarelli. In questo periodo il castello venne addirittura riedificato piu' che riattato. Lo si deduce da due iscrizioni, dettate dal poeta Parlaschino, le cui ceneri si trovano tuttora a Riva di Gittana, nel territorio perledese. In merito alla famiglia Tarelli, occorre sottolineare che fu decimata dalla peste che imperverso' tra il novembre del 1629 e il marzo del 1630. L'ultima discendente di questa famiglia e' scomparsa in tempi recenti (1959); Nel cimitero di Vezio esiste la sua lapide commemorativa. Nel 1647 le terre di Perledo e Varenna vennero investite nel feudo valtellinese del conte Giulio Monti. Nel 1778, l'infeudamento di Varenna passo' alla famiglia Serbelloni, la cui congiunta, Crivelli Serbelloni, mantenne il possesso della torre di Vezio fino all'Ottocento.

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