domenica 19 agosto 2012

Zone Provaglio d'Iseo Lago Moro

Situate sull'altipiano di Cislano, nel territorio del comune di Zone, ad un'altitudine di 600 metri, le piramidi di Zone sono uno degli spettacoli naturali più singolari della conca sebina e costituiscono un importante documento dell'evoluzione geologica dell'epoca glaciale e post-glaciale alpina. La Riserva Naturale delle Piramidi di Zone, istituita nel 1984 dalla Regione Lombardia; si trova sulla sponda orientale del lago d'Iseo (detto anche Sebino), in provincia di Brescia, nella valle del Bagnadona a ridosso delle pendici nord occidentali del monte Pura.
Le Torbiere sono ubicate tra i comuni di Cortefranca, Iseo e Provaglio d’Iseo, che ne delimitano il perimetro. Da Milano si possono raggiungere percorrendo l’autostrada A4 in direzione di Brescia, uscendo al casello di Ospitaletto e seguendo la segnaletica stradale per Iseo. Si prosegue poi per il paese di Provaglio sino a raggiungere il monastero di S. Pietro in Lamosa. Qui sarà accessibile un ampio parcheggio e troveremo il percorso pedonale per accedere alle Torbiere.

venerdì 17 agosto 2012

XX BITTER

La XX Bitter si presenta di colore giallo chiaro, formando un generoso cappello di schiuma bianca, fine, compatta e molto persistente. Aroma ben luppolato (Gold e Hallertau), fresco con netti sentori floreali ed erbacei, speziati e leggermente agrumati. Corpo da medio a pieno, bassa carbonatazione. In bocca arriva morbida, con un gusto ovviamente amaro, ben luppolato (note floreali ed erbacee) che viene sorretto da un corpo di malto leggermente caramellato e speziato. Finale molto secco che ripulisce il palato, seguito da un lungo retrogusto amaro luppolato. Birra assolutamente beverina e rinfrescante, ben fatta e molto godibile. Bottiglia da 33 cl., 6.2% ABV.

martedì 14 agosto 2012

BELLANO - CASTELLO DI VEZIO - VARENNA

L'Orrido di Bellano, uno dei più famosi della Lombardia, è una forra naturale formatasi in 15 milioni di anni (dal tempo del disgelo del ghiacciaio dell'Adda) grazie all'azione delle acque del torrente Pioverna che, per erosione, hanno scavato una profonda gola tra Taceno, in Valsassina (il Pioverna nasce presso la Bocchetta di Campione, a 1813 m, nel gruppo delle Grigne) e Bellano. La forza delle acque è da parecchio tempo sfruttata dalle industrie locali per la lavorazione dei minerali, del pellame e più recentemente dalle filande. Con l'introduzione dell'energia elettrica, sono state installate delle condotte ancora oggi in uso. Nonostante questi interventi dell'uomo, l'Orrido di Bellano conserva ancora una notevole suggestione, specie nei periodi in cui le acque sono più abbondanti
LA STORIA DEL CASTELLO DI VEZIO Tra le tredici localita' che compongono il comune di Perledo, la frazione di Vezio e' una delle piu' interessanti sia dal punto di vista turistico che sotto il profilo storico. E' un piccolo agglomerato di case costruite per la maggior parte in sasso ed e' abitato da una cinquantina di persone suddivise in 20 famiglie. Ha mantenute le antiche caratteristiche e nel centro dissimula, tra gli edifici ristrutturati, le vestigia di un periodo che si perde nella notte dei tempi. L'abitato di Vezio, all'inizio della sua esistenza, doveva essere un insediamento ligure-celtico, se non addirittura etrusco, sopraffatto dall'altro ceppo nel corso delle trasmigrazioni di popoli transalpini succedutesi dal VI al II secolo A.C. L'arrivo di questi ultimi e le scorrerie che ne seguirono obbligarono gli indigeni o ad assoggettarsi ai nuovi venuti o a spostarsi verso zone meno ospitali, quali potevano essere le vallate prealpine. Di questo ne parlano Plinio, su testimonianza di Catone, e Polibio nei suoi commentari sulla calata dei Galli; questi ultimi, a loro volta, nel 196 A.C., furono cacciati dalle legioni romane di Claudio Marcello assieme agli alleati orobici, insubri e cenomani, e furono costretti a ripiegare nelle terre d'origine o a rifugiarsi in quelle poche localita' sotto le Alpi dove gia' fiorivano comunita' celtiche, passate dal nomadismo all'attivita' silvo-agricolo-pastorale. Nel nostro comprensorio, ad esempio, si ha notizia di stanziamenti liguri ad Esino, con sovrapposizione nella parte superiore di gruppi celtici e in quella inferiore di elementi romani. Questi ultimi, in seguito, fortificarono il promontorio di san Vittore come caposaldo della loro presenza. Vezio, quindi, puo' dirsi, per analogia, antichissima. Alcuni fanno derivare il suo nome dal latino "pagus Vetus", che significa "villaggio, o gruppo di case, vecchio, antico, preesistente, antecedente". Altri, riferendosi alla denominazione dialettale "Vesc", lo farebbero discendere da "Vescia", piccolo centro del Lazio, odierno Sant'Agata dei Goti, paese d'origine del legionario romano della V legione, Vescinus, il quale aveva il comando e la direzione dei lavori per la costruzione del "castrum" di Vezio. Esteso il loro dominio in Lombardia, i romani si trovarono a dover arginare le incursioni dei popoli alpini, definitivamente assoggettati da Ottaviano nel 27 A.C. Per facilitare il flusso degli eserciti e dei rifornimenti realizzarono una grande rete stradale, rendendo agibili i passi piu' importanti. Cio' determino' un clima di collaborazione con le comunita' delle zone conquistate, creando benessere e distensione, che condusse alla romanizzazione dei territori e alla instaurazione della cosiddetta "civilta' gallo-romana". La difesa delle vie di comunicazione fu affidata ai federati gallici e la minaccia dei barbari, che premevano ai confini, favor“ la costruzione di opere di sbarramento. Ne fu interessato anche il territorio orientale del lago di Como su cui vi erano importanti strade: Retica Valtellinese, Relica Chiavennesca, Val Varrone e della Riviera. Quest'ultima portava da Lecco a Colico attraverso Mandello, Lierna e, superato il passo di Ortanella, scendeva a Vezio per poi proseguire per Regolo e Gittana, prima di far capo a Bellano. La via della Val Varrone era detta "via del ferro", perche' permetteva il trasporto dei prodotti siderurgici della zona, nella quale vi erano miniere e fucine assai rinomate a quei tempi. In questi luoghi lavoravano degli schiavi controllati da militari romani. Premana fu la capitale industriale allora come oggi. A Vezio, dunque, venne eretta una fortificazione che facilitava il controllo della via della Riviera e delle sponde del sottostante lago, sul cui promontorio, nel frattempo, era sorta Varenna, punto d'attracco del naviglio commerciale e militare della zona. Il perimetro delle mura e delle opere difensive di Vezio si estendeva presumibilmente dalla Foppa allo sperone a strapiombo su cui si erge il castello. All'interno di questo perimetro sorgevano le abitazioni ed i magazzini delle cui fondamenta sono visibili tutt'oggi l'imponenza e la perfezione muraria in molte cantine del centro storico. Che fosse stato teatro di cruenti ed accaniti scontri lo dimostrano i rinvenimenti di armi e di resti umani di varie epoche ed origini. I reperti piu' importanti si trovano nei musei di Como, Sondrio, Lecco ed Esino. Nel 1891 vennero alla luce alcune tombe dell'eta' del ferro e nel 1955-56, durante i lavori di ricostruzione del castello ad opera della famiglia Greppi, attuale proprietaria, affiorarono punte di frecce in ferro con cuspide triangolare, spade ed elmi. La torre presenta una merlatura quadrata uguale a quella del castello di Cly in Valle d'Aosta. A detta del Prof. Bodo Abcard, esperto in materia, essa e' uno degli esemplari piu' tipici nel suo genere. Nulla si sa di Vezio e delle vicissitudini ch'ebbe a superare dalla calata dei barbari all'affermarsi dei Longobardi prima e dei Franchi poi. Certo e' che non pote' sottrarsi al susseguirsi degli avvenimenti incalzanti e luttuosi di quei tempi calamitosi. La rocca segu“ verosimilmente le sorti di Varenna, alla quale era stata unita da mura che, come due lunghe braccia, scendevano fino al lago a difesa del borgo lacustre. La leggenda raccontata da Anton Gioseffo della Torre di Rezzonico nel suo libro "Larius" provvede alla mancanza di informazioni riguardanti quel citato periodo. Egli narra che la famosa Teodolinda, regina dei Longobardi, trascorrendo i suoi ultimi anni a Perledo, avrebbe fatto costruire la chiesa di San Martino con l'antico campanile a forma di torre, ed il castello di Vezio unitamento all'oratorio di Sant'Antonio per lasciare una traccia visibile della sua fede nel Cristianesimo. In Lombardia molte sono le localita' che rivendicano tale tradizione, tuttavia si deve tener conto che l'ordinamento longobardo doveva munirsi di migliori difese militari. Nel caso di Vezio e' evidente l'interesse alla ricostruzione del castello andato distrutto a seguito di eventi bellici non precisati. L'edificio, cos“ com'e' giunto ai nostri giorni, presenta caratteristiche costruttive di epoca medievale. Ogni comune allora era cinto da spesse mura, e i castelli e le torri, disseminate sulle alture, avevano per lo piu' funzione di avvistamento o di punti obbligati per la riscossione dei pedaggi. Il fatto che l'Anonimo Cumano non citi il castello di Vezio nei suoi commentari relativi alla guerra decennale (1118-1127) tra Milano e Como a causa della nomina del vescovo di questa citta', non significa che il castello non fosse precedentemente esistente. E' evidente che quando le soldaresche avverse cercarono di penetrare in Varenna, provenendo dal lago, non trovare nessun castello davanti a sŽ, bens“ solide mura e validi difensori. Il castello non si trovo' coinvolto, se non marginalmente, nemmeno nel 1244, quando per la prima volta Varenna fu distrutta dai comaschi, ai quali si era ribellata; La popolazione trovo' rifugio nel maniero che, per la sua posizione, era inespugnabile ed in esso i varennesi ritemprarono gli animi e la forza per ribellarsi di nuovo, quattro anni dopo, durante il giogo comasco. Anche in questa occasione Varenna venne messa a ferro e fuoco, ma il castello resistette. Vezio vide trascorrere le Signorie dei Visconti e dei Torriani, le dominazioni dei francesi e degli spagnoli, cos“ come sopporto' i decreti dei veneti e dei signori di Bergamo. Divenne, con Varenna, un feudo vescovile, quindi passo' ai Dal Verme e ad altri ancora sinchŽ non ne vennero investiti il conte Francesco Sfondrati ed i suoi eredi. L'investitura della costruzione passo' nel 1631 a Giovanni Antonio de' Tarelli e l'affittanza, venticinque anni dopo, ad Antonio Tarelli. In questo periodo il castello venne addirittura riedificato piu' che riattato. Lo si deduce da due iscrizioni, dettate dal poeta Parlaschino, le cui ceneri si trovano tuttora a Riva di Gittana, nel territorio perledese. In merito alla famiglia Tarelli, occorre sottolineare che fu decimata dalla peste che imperverso' tra il novembre del 1629 e il marzo del 1630. L'ultima discendente di questa famiglia e' scomparsa in tempi recenti (1959); Nel cimitero di Vezio esiste la sua lapide commemorativa. Nel 1647 le terre di Perledo e Varenna vennero investite nel feudo valtellinese del conte Giulio Monti. Nel 1778, l'infeudamento di Varenna passo' alla famiglia Serbelloni, la cui congiunta, Crivelli Serbelloni, mantenne il possesso della torre di Vezio fino all'Ottocento.

domenica 5 agosto 2012

WESTMALLE DUBBEL

La rivoluzione francese bussava alle porte e una dozzina di monaci del monastero di Nostra Signora della Grand Trappe in Normandia (Francia), decise di fuggire alle tragiche conseguenze della rivoluzione per raggiungere al più presto il porto di Anversa con lo scopo di imbarcarsi per l’America. Arrivati dopo un estenuante viaggio nei pressi di Malle, il vescovo Nèlis li pregò di fermarsi e per farli desistere dalle loro intenzioni assegnò loro una fattoria (nel luogo dove sorge tuttora l’Abbazia) messa a disposizione da R. De Wolf, un ricco signore del luogo. Correva l’anno 1794 e la storia della Westmalle ha ufficialmente inizio. La fattoria prese le sembianze di un vero e proprio monastero tant’è che il continuo aumento di monaci fece si che ben presto papa Gregorio XVI la elevasse al rango di Abbazia (era il 22 Aprile 1836). L’Abbazia veniva anche chiamata “Nooit rust”, ovvero “senza posa”, un appellativo che la dice lunga sullo stile di vita che contrastingueva la giornata dei monaci, e che derivava dalla particolare e ostica conformazione del terreno (rendeva la vita particolarmente dura a chi doveva lavorarlo). Con l’arrivo del primo abate Martins si giunse alla costruzione di una piccola birreria all’interno dell’Abbazia e il 10 dicembre 1836 i monaci provarono per la prima volta la gioia di bere la birra prodotta da loro stessi. Com’era prevedibile, all’inizio la birra veniva prodotta esclusivamente per il fabbisogno dei monaci, ma dal 1856 ogni tanto qualche bottiglia oltrepassava occasionalmente il cancello dell’Abbazia. Queste prime forme di vendita subirono un’ eccellente impennata e per venire incontro alla crescente domanda di birra l’Abbazia dovette ricorrere per ben due volte (la prima nel 1865 e la seconda nel 1897) all’espansione della birreria. Nel 1921 i monaci decisero di avvalersi di distributori esterni per la distribuzioni della birra, un passaggio fondamentale che portò la Westmalle ad essere a tutt’oggi la birra trappista più venduta in Belgio con i suoi 120.000hl all’anno (divisi equamente tra Tripel e Dubbel). Non avendo come obiettivo il profitto (ciò che costituisce il guadagno è destinato al sostentamento dei monaci, alla manutenzione dell’Abbazia e a finalità sociali e caritatevoli) tutto – dall’ammodernamento degli impianti alle materie prime – è improntato al mantenimento di un elevato standard di qualità. A tale scopo nel 1968 fu installato un proprio impianto di depurazione dell’acqua e nel 1991 fu installato un sistema computerizzato di controllo della produzione. Oltre al birrificio, l’Abbazia possiede una fattoria (il bestiame attualmente è costituito da una razza bovina originaria della città di Groningen nei Paesi Bassi e in estate è possibile ammirare gli animali al pascolo intorno agli edifici del monastero) e un caseificio (viene prodotto un formaggio a pasta semidura). Per quanto riguarda le birre, la produzione comprende 3 chicche. Dubbel e Tripel sono di facile reperibilità e commerciate in bottiglie da 33 e 75 (la dubbel anche in fusti), mentre la terza, la westmalle extra (4°) viene prodotta solo due volte l’anno ed è riservata all’uso interno e per gli eventuali ospiti dell’Abbazia. La Westmalle Dubbel è la dubbel per eccellenza. Color tonaca di frate, schiuma densa e cremosa dalla media persistenza e dal color nocciola pallido. Le sensazioni olfattive sono straordinarie (una ventata di floreale appena accennato spiana la strada a sentori più decisi di caffè e liquirizia), sensazioni che trovano facile riconferma nel palato (evidenti tracce di tostato), a cui si aggiunge una nota spavalda di frutta secca (fichi…) e una più timida di frutta matura (banana). Il corpo è prevedibilmente rotondo ma calibratissimo. La degustazione in abbinamento a formaggi è quasi d’obbligo. Curiosità: La Westmalle è stata la prima birreria a lanciare i termini “dubbel” e ” tripel” (derivano dall’usanza tradizionale di segnare le botti di maturazione del prodotto con delle X, due per le dubbel, tre per le tripel). Con questi termini si identificano tuttora una birra bruna di gradazione oscillante tra i 6° e gli 8° e dal corpo rotondo (dubbel) e una birra dorata di gradazione superiore (tra gli 8° e i 10°), molto fruttata e dal corpo più robusto.

sabato 4 agosto 2012

BrewDog Zeitgeist

Produzione in stile ceco per gli scozzesi della BrewDog; la loro Zeitgeist è infatti una schwarzbier dal bel colore ebano scurissimo, quasi nero che forma una fine e cremosissima schiuma nocciola, molto persistente. L’aroma è di malto tostato, caffè, con delle note di cioccolato e di affumicato in lontananza. Il corpo è oleoso e ben sostenuto (stiamo parlando di una gradazione alcolica modesta, 4.9%) e la carbonatazione medio-bassa. Al gusto, amaro, ritroviamo malto tostato e caffè che caratterizzano anche il finale leggermente luppolato. Retrogusto molto lungo, amaro, con note di caffè che avvolgono il palato. Ottima bevibilità per un’ottima birra che consigliamo senz’altro di provare. Bonus per la splendida etichetta, degustata in bottiglia da 33 cl.

FLAMINGOES - Villa invernizzi - MiLANO