sabato 31 dicembre 2011

bollicine ....2

CHAMPAGNE Veuve ClicquotPonsardin Al momento della degustazione, si apprezza per prima cosa il colore intenso, dai netti riflessi dorati.
La Cuvée acquisisce un carattere aromatico unico grazie alla maturazione di oltre anni nelle cantine Veuve Clicquot. E elegante, equilibrato con una buona freschezza e un'eccellente morbidezza.
Assemblaggio: Pinot Nero, Chardonnay, Pinot Meunier
Conservazione : proteggere e bere entro i 2 anniA tavola: Servire fresco a 8°/9°Accostamenti : magnifico vino aperitivo e può essere un eccellente abbinamento per piatti a base di frutti di mare o pesce.

Nel 1814, quando in Europa la pace è ancora lontana e la Russia non ha ancora riaperto le frontiere, Madame Cliquot dà prova di grande coraggio e invia a San Pietroburgo una nave mercantile carica del Suo champagne. Così ha inizio la straordinaria fortuna della Maison in Russia. La Cuvèe Saint Petersbourg è l'omaggio a quell'iniziativa audace e vittoriosa. Elaborata da vini provenienti da sessanta vigneti, la Cuvèe acquisisce un carattere aromatico unico grazie alla maturazione di oltre tre anni nelle cantine e afli specifici accorgimenti adottati per il dosaggio.

bollicine...

Di colore giallo paglierino tenue, si apre su note floreali di glicine, fruttate di pera ,mela golden con nota minerale a chiudere. Al gusto è equilibrato, con buona morbidezza e dal finale persistente su note leggermente floreali. Da provare come aperitivo.

...anno nuovo

Un anno se ne va e puntualmente ne arriva un altro...
che sarà uguale ma ci si illude migliore...
si sprecano le previsioni e non mi sottraggo al giochino e prevedo che uno/due oscar 2012 andranno a:



e ho anche la sensazione che.......






venerdì 30 dicembre 2011

La Briscola Chiamata o "il Due"

La briscola un gioco tradizionale italiano. Sembra che tale gioco sia originario dell'Olanda, dove si sarebbe diffuso verso la fine del XVI secolo.
Passato successivamente in Francia, giunse poi nel nostro paese, dove però subì modifiche tanto profonde da poter essere ormai considerato un gioco tipico italiano.
La Briscola Chiamata o "il Due"

E' una variante della tradizionale Briscola. Ha il pregio di permettere che al gioco partecipino cinque persone. Dalle antiche origini, dove il gioco veniva praticato presso le classiche "osterie" italiane, si è diffuso negli ultimi anni presso gli ambienti universitari. E' ora riconosciuto come gioco di fini strategie e grande affiatamento tra i cinque partecipanti. Fortemente riscoperto, è ora assai in voga anche presso i giovani.

Regolamento ufficiale

Si usano le stesse regole di gioco della briscola a due.
Scelto il mazziere, costui mescola le carte e le fa "tagliare" al giocatore di sinistra, quindi distribuisce tutto il mazzo ai giocatori (8 carte a testa).

Fase della dichiarazione o "chiamata": il primo di mano, colui che siede alla destra del mazziere, ha per primo il diritto di parlare. Costui, se guardando le sue carte, ha buone carte dello stesso seme, può decidere di giocare. Sceglie la carta più elevata che gli manca di quel seme e dice a voce alta: "chiamo...", specificando il valore della carta ma non il seme. Ad esempio dirà: "chiamo un asso" oppure "chiamo un Re" oppure un'altra carta inferiore. Ovviamente se tale giocatore ha carte molte brutte e preferisce non chiamare dirà semplicemente: "passo".
Dopo che ha parlato il primo, tocca al secondo giocatore chiamare. Costui ha anche lui il diritto di chiamare, con l'obbligo però che se vi è già stata una chiamata, lui dovrà indicare una carta di valore inferiore a quella indicata in precedenza. Se il primo ha chiamato un asso, il secondo potrà chiamare qualsiasi carta di valore inferiore all'asso. Se il primo ha chiamato un cavallo, il secondo potrà chiamare qualsiasi carta di valore inferiore al cavallo. Parleranno successivamente secondo il loro turno tutti gli altri giocatori.
Vale quanto detto prima: ogni giocatore ha la possibilità di "chiamare" o di "passare".
La parola ritorna al giocatore che ha fatto la prima chiamata. Il giro continua fino a che rimane un solo giocatore vincitore della licita.
Se due o più giocatori arrivano a chiamare la carta più bassa, il due, inizierà una ulteriore chiamata a punteggio.

Fase della "chiamata" a punteggio: non vi sono regolamenti concordanti riguardo tale fase. Quello che qui viene descritto rappresenta uno dei regolamenti maggiormente utilizzati.
Se due o più giocatori arrivano a chiamare la carta più bassa, il due, inizierà una ulteriore chiamata a punteggio. Questa fase del gioco consiste nel dichiarare di vincere la mano di gioco, totalizzando un punteggio superiore a 60 .La chiamata più bassa possibile é " due a sessantuno", ma chi ha diritto a diritto ha parlare può scegliere qualsiasi punteggio superiore.
Va precisato che ha inizio partita, il giocatore che ha diritto a parlare, se si ritiene forte, può fare subito una chiamata a punteggio.

Possibilità delle chiamate a punteggio: ogni tavolo da gioco ha le sue regole riguardo il i punti guadagnati, per la classifica della giornata, in caso di vittoria o perdita della partita.
Per una chiamata al " due all’ ottantuno " il regolamento adottato al nostro "giro al du’ " prevede il raddoppio dei punti per chi vince. Altri tavoli da gioco prevedono il raddoppio dei punti già ad una chiamata al settantuno con ulteriore raddoppio all’ottantuno.

Fase di gioco: quando rimarrà un solo giocatore in grado di abbassare ancora la chiamata, questo sarà il vincitore della licita dovrà specificare il seme della carta che ha chiamato che costituirà anche il seme di briscola per quella mano. Il giocatore che ha in mano la " carta chiamata" non deve dichiararlo perché sarà il compagno, detto "il chiamato".
Se il chiamante decide di chiamare un carta che lui stesso possiede e vince la licita, giocherà da solo contro tutti. Anche in questa fase del gioco il chiamante, definito " chiamato in mano ", dichiarerà solo la carta chiamata e il seme di briscola , non il fatto che si é "chiamato in mano".
Ora si può dare inizio al "gioco del du’" con le sue strategie.
Il chiamante giocherà contro i restanti tre giocatori, il suo compagno sarà l'unico a sapere i suoi avversari, infatti nessuno sa effettivamente quale sia lo schieramento delle forze in campo, questo finche qualche presa non avrà definito la situazione. Sarà il compagno del chiamante che , se le sue carte lo permetteranno, cercherà di non farsi scoprire cercando anche false coalizioni con gli avversari.
Questo velo di mistero che si cela su chi sarà il compagno, porta come conseguenza che quando un’altro giocatore sta per prendere, é molto rischioso regalargli un carico in quanto, non si sa con certezza se si tratta di un nostro compagno o di un nostro avversario.
Si entra cosi nella tensione della partita, di cercare di capire chi sono i nostri compagni, sapendo che l’avversario si può anche dimostrare amico. Anche per il chiamante la tensione é alta, ha davanti quattro giocatori e deve intuire chi e il suo compagno, per non sbagliare mosse.
Alla fine la fortuna aiuterà i vincenti, ma la bravura nel saper scegliere ,o anche azzardare la mossa giusta, sono le condizioni che ti permettono di battere un’avversario più forte.

L'ISOLA DI PLASTICA

Un mare di plasticaDi Pablo Ayo – 20 febbraio 2008
“Il mare non ha paese nemmeno lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare, di qua e di là dove nasce e muore il sole”.
- Giovanni Verga
“Mare, profumo di mare”, recitava la sigla di una nota serie televisiva degli anni ’80. Ma che tipo di profumo può avere oggi l’Oceano Pacifico, dove secondo gli esperti esiste un minestrone galleggiante di plastica grande quasi il doppio degli Stati Uniti? Così gli oceanografi definiscono la massa di rifiuti che galleggia nel Pacifico, tenuta insieme dalle correnti sottomarine, che cresce a un ritmo vertiginoso e che costituisce di fatto la più grande discarica del mondo. L'isola galleggiante, scrive l'Independent, inizia a formarsi 500 miglia al largo della California, attraversa il Pacifico meridionale, oltrepassa le Hawaii e arriva fin quasi al Giappone. L'oceanografo americano Charles Moore, che l'ha scoperta, la chiama “la grande massa di immondizia del Pacifico” o “il gorgo di spazzatura”.  
Il “Pacific Trash Vortex” Il “Pacific Trash Vortex”, ossia “gorgo di immondizia del Pacifico”, è un'isola di spazzatura, soprattutto plastica, formatasi nell'Oceano Pacifico a partire dagli anni Cinquanta, con un diametro di circa 2500 km , pari ad una superfice di 4.909.000 Km², una profondità di 30 metri ed un peso di 3.500.000 tonnellate, grazie all'azione della North Pacific Subtropical Gyre, una corrente oceanica dotata di un particolare movimento a spirale orario, che permette ai rifiuti galleggianti di aggregarsi fra di loro.
La North Pacific Gyre, o Vortice del Nord Pacifico (conosciuto anche come Vortice Subtropicale del Nord Pacifico) è una corrente oceanica a forma di vortice circolare localizzato tra l'equatore il 50° di latitudine nord. Occupa approssimativamente un'area di 34 milioni di km², si muove in senso orario ed è formato prevalentemente da quattro correnti oceaniche : la Corrente del Nord Pacifico a nord, la Corrente della California ad est, la Corrente nord equatoriale a sud e la Corrente Kuroshio a ovest. Il centro di tale vortice è una regione relativamente stazionaria dell'Oceano Pacifico (ci si riferisce spesso a quest'area come la latitudine dei cavalli ) al cui centro si accumulano notevoli quantità di rifiuti, soprattutto plastica, ed altri detriti a formare una enorme "nube" di spazzatura che ha assunto il informale definizione di Isola orientale di Immondizia o Vortice di Pattumiera del Pacifico. Storicamente questi rifiuti erano spontaneamente sottoposti a biodegradazione, mentre in questo luogo si sta accumulando una enorme quantità di plastica e di rottami marini. La plastica invece di essere fotodegradata si disintegrata in pezzi sempre più piccoli, che mantengono la caratteristica di polimerica anche quando raggiungono le dimensioni di una molecola, la cui ulteriore assimilazione è molto difficile. La fotodegradazione della plastica può produrre inquinamento di PCB. Il galleggiamento di tali particelle che apparentemente assomiglia a zooplancton, inganna i molluschi che se ne cibano, causandone l'introduzione nella catena alimentare. In alcuni campioni di acqua marina presi nel 2001 la quantità di plastica superava di un fattore sei quella dello zooplancton (la vita animale dominante dell'area).
Occasionalmente, improvvisi mutamenti nelle correnti oceaniche provocano la caduta, da parte di navi cargo di interi containers che non solo vanno ad alimentare il Nord Pacific Gyre, ma arenano su spiagge poste ai confini del PTV. La più famosa è avvenuta nel 1990; dalla nave Hansa Carrier sono caduti in mare ben 80.000, tra stivali e scarpe da ginnastica della Nike che, nei tre anni successivi, si sono arenati tra le spiagge degli stati della British Columbia, Washington, Oregon e Hawaii E questa non è stato l'unico caso: nel 1992 sono caduti in mare, decine di migliaia di vasche da bagno giocattolo e nel 1994 attrezzatura per hockey. Questi eventi sono molto utili per determinare, da parte di diversi istituzioni, i flussi delle correnti oceaniche su scala globale.
Per diversi anni alcuni ricercatori oceanici, tra cui Charle Moore, hanno investigato a fondo la diffusione e la concentrazione dei detriti plastici presenti nel North Pacific Gyre. La concentrazione della plastica è di 3.34x106 frammenti per km2, con una media di 5.1kg/km2 raccolti utilizzando una rete a strascico rettangolare delle dimensioni di 0.9x0.15 m2. A 10 mt di profondità è stata individuata una concentrazione di detriti pari a poco meno la metà di quella in superficie, detriti che consistono principalmente di monofilamenti, fibre di polimeri incrostati di plancton e diatomee.
Marcus Eriksen, ricercatore della Marine Research Foundation creata da Moore, spiega: “Inizialmente la gente si era fatta l'idea di un'isola di rifiuti di plastica sulla quale si sarebbe potuto camminare, ma non è così. È una specie di infinito minestrone di plastica, che si estende su di un’area grande forse il doppio degli Stati Uniti”. L'oceanografo Curtis Ebbesmeyer, che da più di 15 anni si occupa del problema della dispersione della plastica nei mari, paragona il gorgo di spazzatura a un organismo vivente: "Si divincola come un grosso animale senza guinzaglio", dice. Quando la “bestia” si avvicina alla terraferma, come è accaduto alle Hawaii, le conseguenze sono gravissime. “La massa di rifiuti rigurgita pezzi e le spiagge si coprono di un tappeto di plastica”.
Qualcuno potrebbe pensare che tutto sommato il mare è talmente grande che prima o poi riassorbirà anche l’odiata plastica. Ma il problema vero è l’effetto che il lento rilascio di PCB (Policlorobifenili) ha sulla catena alimentare che nasce dal mare, che coinvolge direttamente anche noi esseri umani.
Di recente, alcuni ricercatori dell’Università di Oslo, in cooperazione con gli esperti del Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia dell’Università di Tokyo, hanno pubblicato uno studio intitolato “Accertamento di contaminazione umana con agenti chimici che determinano disregolazione estrogenica ed il loro rischio per la riproduzione umana.” In questo documento, i ricercatori hanno postulato una teoria sui possibili effetti estrogenici di contaminanti ambientali come PCB, diossina ed insetticidi, che sta provocando molta preoccupazione. La "teoria estrogenica" indica che la persistente bioaccumulazione di agenti chimici influenza lo sviluppo fetale agendo come estrogeni. Questi determinano danni permanenti, in particolare negli organi riproduttivi. La teoria è basata sui rapporti su animali delle regione dei Gran Laghi in nord l'America, e sugli alligatori della Florida e sulla pesca nei fiumi in Gran Bretagna. Una riduzione della qualità del seme umano si è verificata durante il corso degli ultimi 50 anni, ed è stata indicata la possibilità che questo sia il risultato di una larga contaminazione ambientale. L'Incidenza più alta di altre malattie come ipospadia, criptorchidismo e cancro del testicolo indica anche che qualcosa sta colpendo la salute riproduttiva del maschio. Se l'incidenza più alta di endometriosi e cancro del seno può essere spiegata dall'ipotesi estrogenica è un forte interrogativo. Che molti contaminanti ambientali hanno effetti estrogenici, è stato documentato.
L’origine misteriosa di un continente di rifiuti “La vittoria ha molti padri, la sconfitta è orfana” dicevano  latini, e così anche per quello che riguarda il nostro maremagnum di rifiuti vagante, nessuno sembra avere particolarmente fretta di dichiararsene l’autore. Ma da dove può essere nata una tale marea di plastica e rifiuti non biodegradabili? Di sicuro non può essere semplicemente frutto del rilascio di oggetti o scarti da parte di navi in transito nei mari del pacifico. Le enciclopedie alla voce “rifiuti oceanici” hanno due voci, il “jetsam”, vale a dire il volontario lancio fuori bordo (jettisoned) di oggetti, generalmente per situazioni di emergenza, e il “flotsam”, descritto come la perdita di materiale di bordo in seguito a incidenti o schianti. Appare evidente che nessuna di queste due spiegazioni si attaglia alla situazione in essere, quante navi avrebbero dovuto naufragare per produrre una tale quantità di materiale inquinante? Certo, esistono casi limite come quello succitato della nave Hansa Carrier, che il 27 maggio del 1990, mentre procedeva verso gli Stati Uniti provenendo dalla Corea, naufragò a causa di una terribile tempesta tropicale, e 80.000 scarpe finirono in mare. Ma si tratta di casi rari e isolati, tant’è vero che il caso della Hansa Carrier è tutt’ora  uno dei più studiati dagli oceanografi perchè è stato utilissimo per capire la struttura delle correnti oceaniche (http://www.msc.ucla.edu/oceanglobe/pdf/nike_invest.pdf ).
Ma se si tratta di casi così rari, come ha fatto a formarsi un’isola galleggiante di rifiuti grande quasi il doppio degli Stati Uniti?
Tornano in  mente i traghetti nostrani, che carichi di rifiuti che nessuno desidera, approdano in Sicilia o in Sardegna in cerca di una zona di stoccaggio, con carichi di 800 tonnellate di immondizia per viaggio. Riguardo ai rifiuti del Pacifico, l’ipotesi più credibile allo stato attuale è che si tratti di rifiuti domestici che nessuno voleva, provenienti da parti del mondo dove lo stoccaggio e lo smaltimento dei rifiuti rappresenti un grosso problema. Nella
sterminata discarica  infatti si può trovare un po’ di tutto, dai palloni da calcio ai mattoncini del Lego, fino ai famigerati sacchetti di plastica, difficile quindi pensare a materiale di uso comune su di una nave. La massa inquinante in realtà è formata da due parti: la massa orientale, a sud-ovest del Giappone e quella occidentale a nord-ovest delle Hawaii. Curtis Ebbesmeyer, un oceanografo che da oltre 15 anni studia il problema della plastica dispersa in mare, ha paragonato il ”minestrone” ad un gigantesco organismo vivente: “Si divincola come un grosso animale senza guinzaglio”. E quando si avvicina alla terraferma, come succede all’arcipelago delle Hawaii, le conseguenza sono drammatiche: “È come se vomitasse e le spiagge si coprono di ‘confetti’ di plastica”. David Karl, un oceanografo dell’università delle Hawaii ha dichiarato che ulteriori ricerche sono necessarie per stabilire l’estensione e la composizione del ”minestrone di plastica”. Ma da dove proviene, fisicamente, la marea di plastica che sta imbrattando le isole Hawaii?
Il tratto di mare interessato all’inquinamento è sito tra Giappone e le coste della California, e interessa la zona delle isole Hawaii, in genere considerato un autentico paradiso ecologico. Una rapida analisi delle correnti oceaniche ci dimostra che per giungere in quel punto, la massa inquinante può provenire solo dal nord, e più esattamente dal Mare di Bering. In quel punto probabilmente si è generata la marea di plastica grande due volte gli USA che ora affligge il cuore del Pacifico. Lo Stretto di Bering è uno stretto marino tra Capo Dezhnev, il punto più ad est del continente asiatico, e Capo Principe di Galles, il punto più ad ovest del continente americano. È largo circa 85 chilometri , con una profondità compresa tra 30 e 50 metri . Lo stretto unisce il mar Chuckhi (parte dell'Oceano Artico) a nord con il Mare di Bering (parte dell'Oceano Pacifico) a sud.
Naturalmente, solo lo stato americano dell’Alaska e la Federazione Russa si affacciano su di quel tratto di mare del nord, generalmente disabitato per chilometri e quasi mai monitorato da strutture civili o agenzie di stampa. L’Alaska è da sempre uno stato molto attento all’ambiente, difatti il mare di Bering è da sempre una importante risorsa ittica per gli Stati Uniti, da sola tale zona – uno dei sistemi marini più ricchi del pianeta – sostiene metà della industria ittica degli States. Per proteggere queste zone, che custodiscono tra l’altro l’Alaska Maritime National Wildlife Refuge e le Pribilof Islands, definite come le 'Galapagos del Nord', il governo americano – probabilmente preoccupato dalla possibilità di perdere una redditizia risorsa di pesca - ha di recente lanciato una serie di iniziative ambientali, come la “Pacific Environment”, con lo scopo di creare aree marine protette e prevenire perdite di sostanze inquinanti dalle  navi.
Difficile pensare che interi carichi di ecoballe siano stati rilasciati dallo stato dell’Alaska così vicino a casa propria. Gli americani, quando devono disfarsi di rifiuti (specie se tossici o radioattivi), lo fanno ben lontano dalle loro coste, possibilmente in qualche sperduto paradiso ecologico del terzo mondo, dove non esistono quei diritti civili a cui sembrano così allergici. Dall’altra parte del mare di Bering, invece, abbiamo l’amministrazione Russa, che da anni riceve numerosi ammonizioni internazionali per la scarsa attenzione all’ambiente.

sabato 24 dicembre 2011

ST PETER'S ORGANIC ALE

stile: pale ale (biologica)
tipologia: alta fermentazione
birreria: St. Peter's Brewery, Bungay, Suffolk
aspetto visivo: di colore giallo aranciato con una schiuma copiosa e mediamente persistente
aroma: fresco e delicato con sentori dolci di malto chiaro e miele e più amaricanti e floreali di luppolo
gusto: dissetante e di grande freschezza con un corpo abbastanza esile, principio dolce e lievemente fruttato, di frutta gialla in particolare, e un finale amarognolo in cui si distinguono anche toni di lievito e agrumi
note tecniche: viene preparata con malti chiari provenienti dalla Scozia e luppoli "target" da colture biologiche certificate
commento: ale biologica delicatissima caratterizzata dalla freschezza e dal profumo dei luppoli biologici
gradazione alcolica: 4,5%
formato: bottiglia da 50cl

domenica 18 dicembre 2011

Un moscadello fatto a Montalcino con sentori di fiori di ginestra, frutta candita e miele; al Palato la dolcezza va a braccetto con l'acidità facendone un vino fresco, di facile beva a fine pasto dopo una breve permanenza in frigorifero.
Prima del Brunello era il vino più conosciuto a Montalcino, amato soprattutto dai papi, un motivo ci sarà?

domenica 27 novembre 2011

peruvian portraits





Duchesse de Bourgogne

Origine

La Duchesse de Bourgogne è una birra trattata dall'industria brassicola Verhaeghe a Vichte, a 40km a nord-est di Lilla lungo la frontiera Franco-Belga.

Degustazione

La Duchesse de Bourgogne è una birra di tipo rosso-marrone acagiù tipico al sud della Flandre e del Belgio. Deriva da un'alta fermentazione mista di due birre, una giovane e una più vecchia. Quindi è maturata in botti di quercia che le conferisce un gusto boscoso a metà fra quello del lambic e quello del Sidro. Il suo aroma è fruttato, zuccherato e limpido.
Il suo volume d'alcool è pari al 6,2%.

La duchessa Maria di Borgogna

Storia

La duchessa di Borgogna, a cui la birra deve il suo nome, è in realtà Maria di Borgogna, unica ereditiera del potente duca Carlo I di Borgogna e di Isabella di Borbone.
Nata nel 1457 presso il Château du Coudenberg a Bruxelles, Maria divenne imperatrice del Sacro Romano Impero Germanico all'età di vent'anni, in seguito al matrimonio con l'Imperatore del Sacro Romano Impero Germanico Massimiliano I, al quale portò in dote il Ducato di Borgogna e la Contea di Fiandre. Questo matrimonio la rese la duchessa più potente e più ricca di tutta l'Europa. In seguito divenne la nonna paterna dell'imperatore Carlo V.

domenica 16 ottobre 2011

LUPULUS

 Lupulus è una birra bionda di gradazione Alc. 8,5% vol., rifermentata in bottiglie tipo champagne e in fusti. La scelta di non filtrare né pastorizzare questa birra assicura il mantenimento delle specifiche caratteristiche organolettiche. L’utilizzo di luppolo in quantità abbondanti sia nella caldaia  che in piena fermentazione, dona a quest’oro liquido una freschezza e un “bouquet” incomparabili. Conservatela, come si conviene, accanto ai vostri vini pregiati preferiti e servitela a una temperatura compresa tra gli 8 e i 12 gradi.

FLAMINGOES - Villa invernizzi - MiLANO